Note d’arte (di Rosella Ferrari)
Alla chiesa si accede dal delizioso chiostro rinascimentale, di cui però rimangono solo due lati; è formato da due ordini di archi sovrapposti, adornati da leggeri e deliziosi fregi in mattoni di cotto, che contornano le linee pure degli archi e, nella zona inferiore, formano anche oculi ciechi. Sulla parete adiacente all’ingresso della chiesa si scorgono un’apertura murata e un affresco con la scena dell’annunciazione; di un altro affresco, probabilmente con la scena della flagellazione, rimane oggi poco più della sinopia. La parte superiore della costruzione non interessata dalle arcate è una bella struttura in borlanti del Serio.
L’esterno della chiesa, romanica, costruita con materiali della zona (borlanti di fiume e pietra delle colline vicine, dal caldo colore), è semplice, elegante ed armonioso, con la parte absidale “a scarsella” e i classici inserti in mattoni rossi, tipici delle chiese romaniche delle nostre zone. E’ orientata, cioè con la zona absidale rivolta a est, per cogliere i primi raggi del sole (la vita dopo la morte, la luce dopo il buio, il ritorno continuo della luce, la Luce della fede che arriva dalla Terra Santa).
Si accede alla chiesa attraverso un piccolo vano ornato da affreschi e con strutture probabilmente coeve alla chiesa stessa.
L’interno è lineare e semplice, a navata unica, con tetto a capanna; il presbiterio rialzato è delimitato da un arco acuto sormontato da una finestrella murata, ai due lati della quale si scorgono le bellissime immagini dell’angelo annunciante e della Vergine. L’arco e il presbiterio riproducono quasi esattamente, in piccolo, quelli della chiesa di S. Agostino degli Eremitani di Bergamo, la volta è a crociera, con costoloni rilevanti e abaci anche antropomorfi; all’incrocio dei costoloni spicca l’immagine dell’agnello mistico.
Nell’abside, affreschi non posteriori al primo quarto del 1300 provano che questa parte è la più antica: si ipotizza che possa essere stata una preesistente cappella, già adorna di affreschi eseguiti da ottimi frescanti che lavoravano all’epoca a Bergamo. La navata venne aggiunta più tardi, in occasione della fondazione del monastero, per accogliere le monache e, probabilmente, anche i fedeli.
La navata è decorata da affreschi più tardi (fine 300, inizio 400). Con ogni probabilità era completamente affrescata – come si usava all’epoca – ma l’abbandono, l’incuria e l’uso come stalla e magazzino ha causato la perdita di molti affreschi. Quello che rimane è comunque un gioiello tra i più preziosi di tutta la bergamasca, arrivato fino a noi dopo 700 anni.
Gli affreschi più importanti (e straordinariamente belli) sono quelli attribuiti (con certezza quasi matematica) al Maestro dell’albero della Vita di San Bonaventura, il cui capolavoro si può ammirare nella Basilica di Santa Maria Maggiore: suoi sono l’Annunciazione che spicca sopra l’arco, la Crocifissione (purtroppo molto rimaneggiata) dietro l’altare, la gloria di S. Tomaso d’Aquino con S. Domenico e il martirio di S. Pietro Martire da Verona e il Matrimonio mistico di S. Caterina. Notevoli pure gli affreschi raffiguranti l’Assunzione, S. Antonio, un Santo Vescovo e la Maddalena nel deserto.
Molto interessante anche l’affresco nella lunetta murata dell’abside, che raffigura una Madonna del latte, San Luca e S. Elena. Su queste figure spiccano, com’era consuetudine al tempo, veri e propri documenti storici: dei graffiti che ricordano avvenimenti importanti della vita del monastero (come la data di ingresso in monastero di una monaca e quella di costruzione del dormitorio).
Nella parete destra della navata, un interessante affresco dell’ultimo quarto del 1300 mostra lo Sposalizio mistico di S. Caterina, ben conservato e con alcuni tratti caratteristici che ricordano affreschi coevi nel convento di San Francesco a Bergamo.
Meno prezioso, dal punto di vista artistico, ma fondamentale da quello storico e di documentazione, è l’affresco che si trova nella parete sinistra della navata, verso il centro, con un paesaggio che riproduce la zona di San Martino Vecchio, con l’antica chiesa parrocchiale.