La misura alta della politica, la testimonianza di Giorgio La Pira

Oggi, nel mondo politico, non capita più di sentire discorsi come quello che proponiamo: spesso prevale l’opportunismo, il desiderio di poltrone, il tornaconto personale. Giorgio La Pira era libero: aveva scelto di amare e di servire e, pertanto, non temeva di perdere il potere. Egli aveva una sola paura: quella di non poter servire il prossimo. Giorgio La Pira era limpido: era un santo! Santo in politica. Sembra una contraddizione in terminis, ma è semplice coerenza, umana e cristiana. E quindi doverosa per ogni amministratore e politico.

Il 24 settembre 1954 Giorgio La Pira pronunciò un memorabile discorso al Consiglio Comunale di Firenze. Egli era tanto amareggiato per le critiche ricevute a motivo della sua presa di posizione a favore dei licenziati e degli sfrattati e affrontò decisamente l’argomento dicendo:
“Signori Consiglieri, si allude forse ai miei interventi per i licenziamenti e per gli sfratti e per altre situazioni nelle quali si richiedeva a favore degli umili, e non solo di essi, l’intervento immediato, agile, operoso del capo della città? Ebbene, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia! Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco, non si interessi delle creature senza lavoro, senza casa, senza assistenza (vecchi, malati, bambini). É il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni e che mi deriva prima che dalla mia posizione di capo della città – e quindi capo della unica e solidale famiglia cittadina -,  dalla mia coscienza di cristiano: c’è qui in gioco la sostanza stessa della Grazia e dell’Evangelo! Quindi, signori Consiglieri, è bene parlare chiaro su questo punto! Ripeto, voi avete un diritto nei miei confronti: negarmi la fiducia: dirmi con fraterna chiarezza: signor La Pira, lei è troppo fantasioso e non fa per noi! Ed io ringrazierò: perché se c’è una cosa cui aspiro dal fondo dell’anima è il mio ritorno al silenzio e alla pace della cella di San Marco, mia sola ricchezza e mia sola speranza! Ed è forse bene, amici, che voi vi decidiate così! Io non sono fatto per la vita politica nel senso comune di questa parola: non amo le furbizie dei politici e i loro calcoli elettorali; amo la verità che è come la luce; la giustizia, che é un aspetto essenziale dell’amore; mi piace di dire a tutti le cose come stanno: bene al bene e male al male. Un uomo così fatto, non deve restare più oltre nella vita politica che esige – o almeno si crede che esiga – altre dimensioni tattiche e furbe! Ma se volete che resti ancora sino al termine del viaggio, allora voi non potete che accettarmi come sono: senza calcolo; col solo calcolo di cui parlava l’Evangelo: fare il bene perché è bene! Alle conseguenze del bene fatto ci penserà Iddio!”.